Il cibo israeliano come riflesso della cultura culinaria palestinese

Il cibo è parte fondamentale della nostra quotidianità.

Come mangiamo, cosa scegliamo di mangiare, con chi decidiamo di mangiare e come percepiamo il cibo sono strumenti attraverso i quali possiamo definire e rivendicare la nostra identità. Per questo, lo studio della cultura culinaria di un paese può dirci tanto sulla sua storia e sulle tradizioni nazionali. Annia Ciezgado affermava, infatti, che la storia di un paese è scritta nel suo cibo.

All’interno di questo articolo, servendoci dell’importante contributo di Ronald Ranta and Yonatan Mendel, andremo a spiegare il motivo per cui l’affermazione il cibo israeliano come riflesso della cultura culinaria palestinese è fortemente veritiera.

fonte: https://sixhungryfeet.com/falafel-pita-sandwich/

La dichiarazione d’indipendenza dello stato di Israele nel 1948 è il momento cruciale in cui il popolo ebraico, definito sostanzialmente in termini religiosi, si trasforma in una moderna identità nazionale. Possedere un territorio fisico caratterizzato da confini nazionali è fondamentale per la costruzione di un’identità nazionale. Quando il “popolo” ebraico ha dichiarato la sua indipendenza è diventato a tutti gli effetti Nazione.
Da questo momento in poi, si diede avvio ad un lungo processo di creazione di una vera e propria identità nazionale in cui il sionismo, animato da pionierismo, vuole rivoluzionare il modo di vivere e sentirsi ebrei. Tuttavia, Israele, al momento della sua fondazione, non possedeva delle tradizioni nazionali condivise, dato che i suoi cittadini provenivano dai territori più disparati. C’era, dunque, la necessità di forgiare una nuova cultura ebraico-israeliana. Il sionismo abbracciò una nuova identità, ovvero quella dell’ebreo fabbro del proprio destino, capace di costruirsi un futuro con le proprie forze.

L’obiettivo divenne quello di sostituire l’immagine dell’ebreo della diaspora, quindi dell’ebreo con mentalità e abitudini mediorientali ed europee, con il nuovo ebreo pioniere della “sua patria”, forte, con uno stile di vita attivo e con una dieta sana ricca di vegetali e prodotti caseari.
La creazione di una tradizione culinaria autoctona diventa fondamentale per portare avanti questo progetto. Il cibo, infatti, poiché condiviso e consumato quotidianamente da tutti, diventa centrale per creare un’idea di comunità nazionale e permettere ai cittadini di sentirsi parte di un’identità specifica. Se mangiamo, cuciniamo, percepiamo e ci procuriamo cibo con le stesse modalità, siamo parte di uno stesso sistema.
Un esempio vicino a noi è senza dubbio quello italiano. A seguito dell’unificazione d’Italia nel 1861, c’era il forte bisogno di creare un’identità nazionale che potesse incorporare le varie differenze etniche e regionali. Per questo, sono stati scritti numerosi libri di cucina che riportavano tutte le varie ricette regionali all’interno di uno stesso libro, così da costruire una cultura del cibo unitaria.

Ecco che in questo articolo, cercheremo di analizzare l’influenza dell’elemento alimentare arabo nella creazione della cultura alimentare israeliana. Il cibo, come si è detto prima, è uno degli elementi che contribuisce al progetto sionista di creazione di una nuova cultura moderna ebraico-israeliana. Ad ogni modo, non esisteva una tradizione culinaria preesistente alla fondazione dello stato di Israele nel 1948.

L’analisi della cultura culinaria può essere fondamentale per svelare alcuni processi storici e sociali su larga scala. Nel caso israeliano, infatti, si è verificato un processo di svalutazione e occultazione dell’apporto arabo palestinese alla cultura culinaria israeliana e ciò, come sappiamo, riflette l’obiettivo dei coloni sionisti di sostituirsi territorialmente agli abitanti locali. L’incontro con il cibo arabo palestinese si è trasformato, in molteplici casi, in sostituzione e spesso riscrittura di un passato che non corrisponde alla realtà. Utilizzando un termine tecnico possiamo affermare che è avvenuto un processo di de-palestinizzazione, in cui i cibi arabi sono stati reinterpretati come appartenente ai coloni sionisti.

Premessa importante di questa questione è che, ovviamente, anche lo stesso cibo arabo è frutto di un processo di scontri e incontri con altri paesi in Medioriente. Parlare di purezza culturale non ha molto senso, né per le questioni culinarie, né per qualsiasi altro prodotto culturale. La storia umana, caratterizzata da migrazioni e contatti continui tra i vari popoli, non ci permette di considerare la cultura come statica o immutabile, ma piuttosto come dialettica e in continua evoluzione.
Tuttavia, il discorso alimentare israeliano vuole mostrarsi proprio come puro e autoctono. In nessun libro di cucina viene infatti citato il notevole contributo palestinese alla creazione del cibo israeliano, nonostante sia inevitabile che ci sia stato.

Un’interessante strategia utilizzata dai coloni sionisti per giustificare questa appropriazione è stata la retorica del ritorno: affermarono che in realtà questi cibi erano stati inventati dai loro antenati e che gli arabi, per tutto questo tempo, avevano semplicemente contribuito a conservarli.
Questa tendenza alla sostituzione si acuiva sempre di più all’inasprirsi del conflitto: se all’inizio il cibo arabo palestinese era oggetto di imitazione, con il passare del tempo iniziò ad essere considerato come nazionale e dunque una parte “naturale” della nuova identità israeliana.
Riporteremo di seguito un elemento pratico e simbolico tratto dall’articolo consuming palestine, che ci permette di comprendere quanto la cultura culinaria israeliana sia il riflesso di quella palestinese. Proprio per questo, anche la rivendicazione di proprietà di alcuni piatti tipici diventa territorio di contesa e di conflitto tra i due paesi. Questo dimostra ancora una volta quanto il cibo sia un importante elemento identitario.

La vita è in un pane di pita, così afferma un famoso detto israeliano. Nelle cartoline israeliane spesso viene riportata questa tipologia di pane sormontata dalla loro bandiera nazionale, proprio con l’obiettivo di dimostrare che sia un autentico prodotto culinario israeliano.

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Questo pane, infatti, è ampiamente considerato come piatto nazionale del paese. Tuttavia, la ricostruzione storica ci rivela come il pita bread abbia origine egiziane copte e come esso sia stato il pane che i coloni sionisti hanno assaggiato per la prima volta quando si sono trovati di fronte alla cucina palestinese. Ogni cibo che vuole essere nazionalizzato deve in qualche modo entrare all’interno di questo pane. Ecco che ci troviamo di fronte ad un interessante paradosso: la maggior parte del cibo israeliano si incontra all’interno di un cibo arabo. Nel tentativo di “israelizzare” il cibo, lo “palestinizzano” inserendolo nella pita!

Questo è uno tra i tanti esempi che si potrebbero riportare. L’incontro tra due popoli porta inevitabilmente alla creazione di un costante flusso di scambi culturali che si estendono anche a numerosi altri campi oltre al cibo. Nonostante sia stato sotterrato per questioni politiche, l’elemento culturale arabo palestinese ha giocato un ruolo fondamentale nella creazione di questa nuova e moderna cultura israeliana.

Giorgia Facchini

Fonti

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