West Beirut – Ziad Doueiri: La rinascita del cinema libanese
È il 1998 quando Ziad Doueiri, giovane regista libanese, abbandona le riprese del film di Quentin Tarantino Jackie Brown a soli due giorni dal termine. Ha appena ottenuto i fondi necessari per poter girare il suo primo film: è proprio a Beirut che girerà un film essenziale per comprendere il cinema libanese contemporaneo.
La storia è quella di tre ragazzi, i musulmani Tarek (il cui attore è il fratello del regista) e Omar e la cristiana May, che si trovano a vivere l’inizio del conflitto civile tra incoscienza e progressiva disperazione.
Il tentativo di ultimare il loro film girato con una Super 8 e l’impossibilità di muoversi liberamente in una Beirut sempre più polarizzata e pericolosa li costringe a scendere a patti con la realtà, fa conoscere loro i drammi di una nazione in guerra “per un conflitto di altri”, come dice il padre di Tarek, e li obbliga ad assumere progressivamente un’identità che potrebbe portarli a crescere prima del tempo.
L’originalità e il successo del film non deve però essere ricercato nella regia di Doueiri e nemmeno in interpretazioni sempre dosate e mai sopra le righe (con l’eccezione di una grassa signora), deve piuttosto essere cercato nella sceneggiatura che scardina il modo di raccontare il trauma della guerra civile e filtra la sua crudeltà attraverso gli occhi e la videocamera dei giovani protagonisti.
Il testo cinematografico è intriso di umanità e gli accenni alla storia del Paese sono quasi sempre tragicomici (un esempio? Tarek e Omar partecipano a una manifestazione in favore della morte Kamal Jumblatt, leader druso, solo per il gusto di filmarla e divertirsi, presto però la manifestazione diventa violenta e pericolosa ponendo fine all’ilarità dei giovani). Gli spazi in cui gli attori si muovono si riducono progressivamente e sembrano riflettere la progressiva chiusura identitaria che i protagonisti, come la città stessa, iniziano ad accettare.
Non era mai accaduto che un film libanese avesse tutto questo successo e parlasse apertamente della guerra civile (1975-1990) senza piangersi addosso e che, utilizzando l’ironia, raccontasse così bene come dev’essere stato crescere durante il conflitto.
Ziad Doueiri grazie al suo film basato in parte sui suoi ricordi personali, apre una porta che in molti altri registi varcano negli anni a venire: Nadine Labaki, Philippe Aractingi e ancora Georges Hachemes proprio grazie al successo di West Beirut hanno modo di ottenere più fondi per i loro lungometraggi riuscendo a loro volta a imporsi a livello internazionale.
Luigi Toninelli