“Primavere rosa: rivoluzioni e donne in Medio Oriente” – Anna Vanzan
Nel suo “Primavere rosa”, pubblicato nel 2013, l’iranista e islamista Anna Vanzan esprimeva la sua difficoltà a definire con certezza le conseguenze che le primavere arabe avrebbero avuto sui paesi coinvolti. Ancora oggi, a un decennio dal giorno in cui un venditore ambulante tunisino si diede fuoco per protesta, scatenando rivolte a catena in molti paesi mediorientali, il capitolo rivoltoso non si è concluso ovunque. Fare un bilancio delle primavere arabe si presenta ancora come un compito arduo.
Anna Vanzan, recentemente scomparsa, è stata un’iranista, islamologa e traduttrice veneziana. Nelle sue pubblicazioni spiccano numerosi lavori dedicati alle tematiche di genere e ai diritti delle donne nei paesi mediorientali, insieme a una lunga lista di testi che esplorano la condizione della comunità LGBTQI+ nel mondo arabo, persiano e musulmano.
“Primavere rosa” offre un panorama della condizione femminile in Medio Oriente a cavallo delle rivoluzioni, rivolgendo uno sguardo scevro da ogni approccio neocolonialista alla donna araba e musulmana. Una donna che abita il Medio Oriente prerivoluzionario, con le criticità e il potenziale che caratterizzano tale regione. Una donna che decide di prendere parte alle manifestazioni. Una donna che, infine, tenta di far riecheggiare la propria voce nel caos delle rivolte internazionali.
L’autrice tratta anche l’altalenante rapporto delle donne con i partiti laici e religiosi nel Maghreb: questi si fanno talvolta porta voci di un femminismo superficiale, avallando lo sfruttamento della donna in quanto risorsa sociale senza offrire dignità e riconoscimento. Vanzan aggiunge al quadro prerivoluzionario il discorso sulle ONG e le associazioni che costellano il Medio Oriente: da un lato, sono l’unico modo delle donne per ritrovarsi e organizzarsi socialmente; dall’altro, sono accusate di non voler portare avanti progetti duraturi che cambino radicalmente la situazione femminile, ma di operare solo nel breve termine. Le ONG possono essere, talvolta, uno dei molti modi in cui la dialettica neo-orientalista si insinua nelle società mediorientali. Queste piccole realtà puntano allo sviluppo delle regioni in cui sono inserite, ma a che prezzo? E come parlare di sviluppo se i parametri presi ad esempio sono importati direttamente, senza alcuna mediazione, dall’Occidente?
Ma le donne sono organizzate e ciò si vede quando occupano le prime fila delle manifestazioni del 2011. Non sono solo protagoniste, ma anche simbolo, come la ragazza dal reggiseno blu: brutalmente aggredita dalla polizia durante le rivolte di Piazza Tahrir (Il Cairo), viene fotografata con il lungo velo scuro sollevato per colpa delle botte ricevute, così sollevato da mostrare la biancheria intima.
La concezione del Corano e dei precetti religiosi è al centro di molti dibattiti, che Vanzan presenta come differenziati fino a raggiungere gli estremi. Il Corano viene impugnato dalle Femen (appartenenti all’omonima organizzazione femminista internazionale di protesta) come simbolo dell’oppressione femminile nel mondo arabo-musulmano. Ma lo stesso libro, rivelazione diretta della parola divina, si trasforma in strumento di liberazione nelle mani di coloro che trovano proprio nei versetti coranici la via per l’autodeterminazione femminile: spesso, l’interpretazione in un senso o in un altro delle scritture può portare a conseguenze più o meno favorevoli per le donne.
Le mutilazioni genitali, il talaq (divorzio unilaterale da parte dell’uomo, che può separarsi dalla donna senza il consenso di quest’ultima), le molestie, il delitto d’onore, l’imposizione di regole comportamentali. Sono numerosi i tentativi di controllare le donne, il loro corpo e la loro esistenza; tentativi messi in atto da uomini, da governi, da altre donne. Altrettanti sono i modi in cui le donne hanno combattuto per riprendere il controllo delle proprie storie, delle proprie voci e delle proprie anime; in contrasto con le narrazioni degli osservatori esterni, attenti a confermare stereotipi piuttosto che a raccontare una realtà vivida e in fermento, pronta a rimettersi in discussione nonostante le difficoltà.
Vanzan, con il suo sguardo lucido e sincero, offre un quadro a colori nitidi di una parte di società – quella delle donne mediorientali – che sa riappropriarsi degli spazi da cui è stata esclusa, combattendo con la propria verità e le proprie azioni contro la scelta di narrare il mondo arabo-persiano come ostile alla donna, e la religione musulmana come opprimente e degradante.
Avana Amadei