Maroun Baghdadi: la morte di una promessa
Il cinema libanese dopo la fallimentare esperienza araba nella guerra dei sei giorni vive un profondo momento di crisi, l’Egitto esce pesantemente ridimensionato dal conflitto sia a livello politico che culturale: il Nasserismo infatti è il primo grande sconfitto della guerra e la sua propaganda smette di acquistare i film libanesi; ha così origine un periodo buio che colpisce l’intera industria cinematografica e che porta alla fine della cosiddetta età d’oro. È in questo periodo che autori come Jean-Claude Codsi, e, soprattutto, Maroun Baghdadi tornando dalle loro esperienze occidentali si caricano sulle spalle il futuro del cinema libanese. Questi registi sono cresciuti col mito di Nasser e l’hanno visto fallire, hanno vissuto il movimento studentesco del 1968, hanno conosciuto la democrazia attraverso l’Europa e hanno interiorizzano il cinema occidentale e la sua libertà d’espressione (più o meno idealizzata). Con un vissuto di spessore nonostante la giovane età, la nuova generazione libanese è pronta a scolpire il proprio nome nella storia della cultura del Paese dei Cedri. Le speranze di questi giovani registi devono però scontrarsi fin da subito con la realtà del Paese negli anni settanta: quella della guerra civile.
Fonte immagine: nadilekolnas.org
Baghdadi nasce il 21 giugno 1950 in Libano, studia scienze politiche e giuridiche nel Paese dei Cedri ma artisticamente si forma all’estero. A Hollywood, in particolare, conosce registi che stanno facendo o faranno la storia del cinema americano: registi del calibro di Martin Scorsese e Francis Ford Coppola. Con quest’ultimo ha modo di lavorare a lungo e proprio il regista de Il Padrino diventerà negli anni a venire molto importante per la filmografia di Baghdadi.
Nel 1975, dopo aver studiato all’ Institut des Hautes Études Cinématographiques a Parigi, ed essere ritornato in Libano, Maroun Baghdadi, notato da Youssef Chahine grazie ai suoi corti, dirige il suo primo film Beirut ya Beirut, un documentario girato senza fondi e con pochi mezzi tecnici. In un Paese che precipita sempre più nella violenza del conflitto civile e dove spostarsi dal luogo in cui si vive risulta ormai impossibile, nel 1982 Maroun Baghdadi rilascia un altro piccolo gioiello: Little Wars, focalizzato sul conflitto civile e sulla lost generation libanese; quest’ultimo viene finanziato in parte da investitori statunitensi, poiché riuscire a filmare i propri progetti e trovare qualcuno disposto a produrli in un Libano in guerra non è semplice: solo grazie alla mediazione di Francis Ford Coppola (e ai tecnici che manda per aiutarlo), Baghdadi ottiene i fondi necessari per realizzare la sua opera. Grazie alla produzione americana riesce a girare un film più strutturato e maturo rispetto al precedente, un film in grado di farlo conoscere al pubblico di settore e che viene proiettato al Festival di Cannes ottenendo un buon riscontro.
Nell’1984 lascia nuovamente il Libano e si trasferisce in Francia dove prosegue la sua florida carriera. Il suo ultimo e più celebre film, datato 1991, è Hors la vie e racconta la vita di un giovane fotografo francese rapito a Beirut che cerca di conservare la propria integrità nonostante le torture subite. Il lungometraggio vince il Premio della Giuria al Festival di Cannes che lo consacra come la più grande e vivida promessa del cinema libanese. Baghdadi è ormai considerato il miglior regista in grado di raccontare gli orrori della guerra, il dolore umano e la violenza che il suo paese ha vissuto per quasi vent’anni.
Già riconosciuto come punto focale per il cinema art-house libanese, nel 1993, il regista è sposato, con due figli già nati e uno in arrivo, la sua carriera sembra essere in discesa ed è al lavoro sul suo prossimo lungometraggio: Zawaya, film che racconta il ritorno della pace nel suo Paese. Tutto sembra volgere per il meglio ma un incidente trasforma la favola in tragedia: l’uomo cade dalle scale e muore l’11 dicembre del 1993, a meno di quarant’anni. Se ne va così, a 37 anni, il più talentuoso regista libanese. Giornali in tutto il mondo arabo, ma anche negli Stati Uniti e in Francia parlano di questa promessa mancata, della morte del pioniere del nuovo cinema libanese, un cinema da poco tornato a prosperare.
Sembra il preludio alla fine di un’epoca mai iniziata e conclusasi prematuramente con la morte del suo pupillo. L’inizio di un nuovo periodo buio appare ormai scontato quando fa la sua comparsa una nuova stella: è infatti solamente grazie a un giovane ragazzo sconosciuto, di ritorno dagli States con una collaborazione con Tarantino alle spalle, che il cinema libanese torna a sognare: è il 1998 ed esce West Beirut, nasce così la Nahda del cinema libanese, il regista è Ziad Doueiri.
Luigi Toninelli