Il sostegno tunisino alla causa palestinese
Il 07 ottobre 2023 rappresenta una data spartiacque nella così detta “questione palestinese” (in arabo “القضية الفلسطينية”).
L’operazione “Alluvione al-Aqsa”, lanciata da Hamas in questa data, ha avuto conseguenze e ripercussioni non solo sui territori palestinesi, ma anche sulla società civile di tutto il mondo, che si è mobilitata, con schieramenti e intensità diversi, dalla Giordania agli Stati Uniti, dall’Italia al Marocco.
Tra i luoghi in cui il 07 ottobre e la pesante reazione di Israele hanno avuto maggiori riverberi, la Tunisia rappresenta un esempio particolare.
L’appartenenza della Tunisia al “mondo arabo” ha da sempre legato a doppio filo il destino del popolo palestinese e quello del paese nordafricano, che come molti altri paesi arabi, soprattutto dopo l’epoca del panarabismo, si è in qualche modo investito del ruolo di difensore della causa palestinese.
Inoltre, storicamente la Tunisia condivide diversi legami con la resistenza palestinese, il cui forse più evidente epifenomeno è la temporanea presenza in Tunisia della sede dell’Organizzazione della Liberazione della Palestina (OLP) dal 1982 al 1994, dopo la partenza di Yasser Arafat dal Libano.
Le relazioni tra il popolo tunisino e il popolo palestinese sono numerose, stratificate e complesse e ancora oggi il sostegno alla Palestina si declina in diverse forme.
A novembre 2023, grazie alla collaborazione di Cecilia Ragazzi e Sofia Pari, si è tentato di rintracciare alcune impronte visibili di questo sostegno per le strade della Tunisia, di cui il seguente fotoreportage fornisce una, seppur parziale, testimonianza.
La mobilitazione per Gaza ha fin da subito assunto molte forme, godendo di un sostegno praticamente incondizionato sia a livello politico che istituzionale, nonché tra la società civile e i cittadini.
Azioni private e quotidiane, come l’adesione al movimento internazionale di boicottaggio dei prodotti che sostengono direttamente e indirettamente l’economia e la politica israeliana, sono state accompagnate da manifestazioni e sit in davanti a diversi luoghi di potere considerati implicati a diversi livelli nel sostegno a Israele.
Dal punto di vista politico istituzionale, inizialmente il sostegno alla resistenza palestinese è stato incondizionato. La linea del presidente tunisino Kais Saied ha riproposto l’idea che i popoli arabi siano un solo popolo e ha affermato il diritto della popolazione palestinese a fondare uno Stato indipendente, a riprendersi i territori che di cui è stata spogliata e a fare della città di Gerusalemme la sua capitale. Tuttavia la proposta di legge che avrebbe criminalizzato la normalizzazione delle relazioni con Israele, è stata bloccata dallo stesso presidente dopo che il parlamento aveva già approvato due dei sei articoli previsti.
Inoltre, il 16 ottobre 2023 tre tunisini sarebbero stati arrestati per aver ricoperto la facciata dell’Istituto Francese di Tunisi con scritte e slogan di protesta, a sostegno della causa palestinese.
Le rappresentanze estere, come consolati e istituti di cultura, sono stati infatti oggetto di diverse azioni di protesta che hanno aperto spazi di più generale rimessa in discussione del processo di decolonizzazione, ritenuto ancora in una fase embrionale in troppi paesi del mondo. Le potenze occidentali, prima fra tutte quella francese, sono state accusate di ipocrisia a causa di vecchi legami coloniali che ancora persistono sotto nuove forme e della loro selettiva difesa dei diritti umani in funzione dei loro interessi.
Il sostegno tunisino però ha superato i confini della politica istituzionale così come di quella indipendente per diventare parte integrante anche della vita privata, culturale e quotidiana dei cittadini. Le bandiere alle finestre, i più o meno elaborati disegni sui muri e sulle porte di diverse città e paesini della Tunisia rendono i circa 2000 km che la separano dalla Palestina una distanza decisamente più relativa.
La naturalezza del supporto alla liberazione della Palestina è diventata in alcuni casi persino oggetto di una mercificazione. Nella medina di diverse città è quasi impossibile non imbattersi in venditori di “merchandising” palestinese, alle rotonde si contratta per il prezzo migliore a cui acquistare una kefiah e al casello dell’autostrada si può approfittare della coda per comprare l’ultima versione portatile della bandiera palestinese. Alcuni negozi proiettano, al posto degli ultimi sconti, i colori palestinesi (verde, bianco, nero, rosso) , lasciando i manichini svestiti in vetrina e recitando “L’uomo si svela ma l’umanità resiste”.
Vedere la bandiera palestinese di fianco all’ultimo modello di scarpe fa riflettere su quanto questo sostegno sia diventato in parte vittima di una mercificazione forse inevitabile per tutti quei fenomeni sociali che, proprio in ragione della loro capacità mobilitante, iniziano a essere cavalcati anche da quegli attori che forse dovrebbero essere i primi a essere messi in discussione. Anche se non si può affermare che in Tunisia sia avvenuto un vero e proprio fenomeno di Palestina-washing, è pur vero che il 07 ottobre ha aperto nuovi spazi economici per quei commercianti informali naturalmente portati ad approfittare della rinnovata domanda sul mercato.
Al di là degli aspetti più economici e politici, anche la vita culturale è stata ed è tutt’ora profondamente influenzata dagli eventi del 7 ottobre. Diverse discoteche sono state chiuse a seguito di scandali legati ad accuse di sionismo e problemi economici dei proprietari, mentre altri eventi cardine della vita notturna tunisina sono stati annullati in solidarietà alla Palestina.
I luoghi di cultura più informali hanno conservato forse più libertà nell’offrire uno spazio alle diverse espressioni della cultura palestinese che da sempre trova nella letteratura, nell’arte, nella musica e nella danza dei luoghi di esistenza e sopravvivenza privilegiati.
La cultura più istituzionalizzata invece ha scatenato maggiori polemiche. La 34esima edizione delle Giornate Cinematografiche di Cartagine (JCC), in programma dal 28 ottobre al 4 novembre, è stata annullata “in solidarietà ai palestinesi” così come altri eventi e festival, europei e non.
Tali decisioni si sono rivelate spesso divisive dal momento che la cultura è da sempre considerata uno dei pochi contesti in cui la Palestina ha trovato maggiore libertà di espressione e di affermazione della propria esistenza. Viene spontaneo chiedersi se eliminare degli spazi di racconto e dibattito per la questione palestinese possa effettivamente portare giovamento o se si tratti invece di una limitazione in ultima battuta controproducente.
Le città e lo spazio pubblico mostrano solo i segni più visibili dell’impatto emotivo e politico che i quasi tre mesi di assedio a Gaza hanno avuto sulla società civile tunisina. E se l’immobilità politica delle potenze regionali non ha tardato a mostrarsi, viene da chiedersi quanto a lungo la bandiera palestinese colorerà le strade di tutte quegli spazi di resistenza che chiedono a gran voce una Palestina libera.
Elena Sacchi
FOTOGRAFIE
- Cecilia Ragazzi
- Sofia Pari
FONTI
- “Guerre Israël-Hamas : la Palestine, une passion tunisienne”, Frida Dahmani, Jeune Afrique, 26 ottobre 2023 https://www.jeuneafrique.com/1497968/politique/guerre-israel-hamas-la-palestine-une-passion-tunisienne/
- “Le festival de cinéma de Carthage annulé en solidarité avec les Palestiniens”, Jeune Afrique, Jeune Afrique, 20 ottobre 2023 https://www.jeuneafrique.com/1495583/politique/le-festival-de-cinema-de-carthage-annule-en-solidarite-avec-les-palestiniens/
- “Gaza-Tunis, le coeur battant pour la Palestine”, Hamouda Bouabane, Inkyfada, 19 novembre 2023 https://inkyfada.com/fr/2023/11/19/gaza-tunis-soutien-palestine/
- Tunisia: Saied, no a legge su reato per rapporti con Israele”, Ansa, 4 novembre 2023 https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/africa/2023/11/04/tunisia-saied-no-a-legge-su-reato-per-rapporti-con-israele_35801dbc-eb71-46e1-8669-b29d6dec5312.html